venerdì 18 luglio 2008

DAL PROFONDO

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Prima di lasciarci ci furono gli ultimi accordi per la presentazione di Palmanova che era programmata per cinque giorni dopo e perfino per il progetto di una gita in Carnia nei suoi paesi tanto amati.

Poi noi l'abbiamo fatta ugualmente quella gita...

Quel giorno durante la nostra visita non fece trasparire nessuna preoccupazione, sicuramente per non allarmarci, ma evidentemente c'era qualcosa nell'aria, se quasi sempre negli ultimi tempi al telefono mi diceva “ o soi strac”, se anche nel libro intervista del giornalista Marino Plazzotta si legge questo passaggio premonitore : “ Se dovessi chiudere ora , chiuderei bene. Con le poche briscole che ho avuto credo di aver fatto una partita discreta. Per il resto non faccio progetti. Non ho né la forza , né la lucidità”.

Se infine aveva confessato al vescovo Battisti, che era stato a trovarlo nel suo ultimo ricovero, di sentire la morte vicina.

Poi arrivò quella telefonata con la tragica notizia della sua morte che mi lasciò addolorato e sconvolto...

In verità la sua morte ha fatto sì che sapessimo dai giornali quasi tutto della vita , delle opere, della sua personalità straordinaria. Di questo prete scomodo che viveva appartato , quasi emarginato, ma che aveva continuato a scrivere, a pensare, a svolgere la sua missione di educatore di anime, che ha sempre insegnato a essere liberi e responsabili pagando fino in fondo il prezzo di questa libertà.

In quei giorni sono arrivati anche, magari tardivi, elogi da tutte le parti, come tardi è arrivato l'annuncio che era quasi alla fine l'iter per la concessione della laurea honoris causa, e della presentazione del suo messal al Papa da parte del vescovo Brollo, presente a Roma proprio nei giorni della sua morte.

Una cosa è certa: il Friuli è più povero, come è stato scritto.

Perchè don Bellina, oltre che sacerdote, è stato scrittore, intellettuale, giornalista, e naturalmente accanito infaticabile friulanista. E' stato l'anima di Glesie Furlane,l'associazione che ha nel suo statuto come scopo principale di andare alla scoperta delle radici culturali e religiose del Friuli.

Ha diretto per moltissimi anni la rivista “ Patrie dal Friul” che si è sempre battuta per l'autonomia. In un bell'articolo sul Gazzettino, in occasione dei 60 anni del periodico nato nel 1946, Bellina concludeva dicendo : ” Nonostante i risultati deludenti de semence butade, noi continuiamo a seminare, a tenere accesa la fiamma dell'autonomia. Siamo convinti che nel cuore dei friulani resta sempre questo desiderio di autonomia, questa coscienza di una identità e alterità. Si tratta di continuare sperando nelle sorprese della storia e nell'intelligenzanostra gente”.

Ma Bellina è stato soprattutto scrittore e in particolare grandissimo prosatore ed ha scritto moltissimo...,, e naturalmente sempre esclusivamente in friulano, come in friulano celebrava la messa e le funzioni religiose nella sua parrocchia. E' quasi impossibile citare tutti i suoi libri: una volta mi aveva scherzosamente confessato di considerarsi a questo proposito un incontinente.

Ne “La fatica di essere prete” il bellissimo libro intervista di cui poi vi parlerà Marino Plazzotta Bellina uscito anch'esso subito dopo la sua scomparsa, racconta di aver cominciato a scrivere per caso, quasi per scherzo traducendo a voce ad alcuni amici preti le favole di Fedro dal latino in friulano. Era rimasto colpito che quelle favole fossero belle anche in friulano e così le tradusse tutte e ne venne fuori il suo primo libro: “Lis flabis di Fedro voltadis pai Furlans”, nel quale ad ogni favola aggiunse anche un'attualizzazione sulla nostra società e sul nostro tempo.

Una delle opere che fece più clamore suscitando risentimenti e dure reazioni tanto da venire ritirata dalle librerie è stata “ La fabriche dai predis”, della quale Proprio ultimamente si è tornato a parlare e a discutere a causa di una possibile ristampa in una traduzione in italiano..

Ma il suo nome resterà indubbiamente legato alla traduzione della Bibbia.

Un sicuro lasciapassare per il Paradiso l'ha definito il vescovo Brollo. Si può ben dire che la sua vita sia stata segnata da due fondamentali esperienze profondissime e laceranti: le malattie e la Bibie...

Spesso raccontava che quando arrivò all'ultimo versetto scoppiò in un pianto dirotto probabilmente anche nella consapevolezza di aver raggiunto uno storico traguardo per tutto il Friuli e per la sua Chiesa.

L'ultima sua opera... uscita poco più di un mese prima della sua morte... è “ Storie Sacre” , con la quale lui che diceva di non essere molto portato per la poesia ci regala in rima alcuni episodi della Bibbia e del Vangelo che si leggono con un piacere gioioso per la genuinità, la semplicità il candore dei versi che escono spontanei da suo cuore

Tutti hanno sempre parlato di prete scomodo, controcorrente e anche di carattere scorbutico e difficile. Pochi hanno evidenziato la sua tenerezza, la sua grande umanità, la sua capacità di ascoltare, assolvere, rispettare, di proporre una religione fatta di amore , di accoglienza, vicina alla gente. Tutte cose che ho potuto constatare di persona nel mio pur breve sodalizio con pre Toni. Come dimenticare il suo lato romantico, il suo amore per la natura, per gli animali

( al suo funerale nella cappella lungo la navata si sentiva cinguettare il canarino che era solito portare in chiesa durante le funzioni), o ancora la capacità di commuoversi ascoltando la sua musica preferita o l'affetto e la simpatia che aveva per i bambini ?

Certamente la sua vis polemica innata ( si è letto anche il termine enfant terrible) , sicuramente il suo tono, il suo linguaggio duro , schietto, senza alcuna preoccupazione di addolcire termini e giudizi può forse irritare e scandalizzare , come spesso è successo.

Ma a una lettura attenta e non superficiale si percepisce “ Il respiro vasto , profondo con cui l'autore guarda l'insieme della realtà della fede e della prassi di fede nella storia” , come sottolinea molto bene Cristina Bartolomei, docente di filosofia morale all'università di Milano nella prefazione a un'altra delle opere più sofferte e compiute

Et incarnatus est” , pubblicato nel 2005.

Scrive ancora la professoressa: “ Le note di fondo sono gli affetti, la passione, il travaglio, la profonda fede e pietà, l'amore grande alla Chiesa, alla storia di fatica e di liberazione dell'umanità, ai piccoli e agli ultimi, alla grande tradizione aquileiese, radice della Chiesa friulana”.

E per quanto riguarda la sua forza e libertà di pensiero, la sua modernità la sua visione rivoluzionaria della Chiesa voglio citare come esempio la questione del sacerdozio alle donne, tema che affronta proprio nell' “Et incarnatus est”, ma che riprende anche nell'intervista al giornalista Plazzotta.

Ecco cosa scrive Bellina: “ Essendo la religione un qualcosa che parte dal cuore e dal sentimento più che dalla testa e dalla razionalità, la donna è tanto più adatta dell'uomo ad avere una parte portante nella religione.

Io preferirei avere per prete una donna perchè la religione è più femminile più consolatrice... in che dì che la femine cu le so feminilitat e sensibilitat e podarà celebrà i misteris e proclamà la paraule e sarà une grande zornade! “.

Venendo al “De profundis” non starò a entrare nei dettagli di come è nato questo progetto né delle circostanze casuali anche se in parte ricercate che ne sono state all'origine, che comunque potrete leggere nella mia presentazione al libro.

Mi preme invece ribadire che tutte le fasi, i momenti , i passaggi sono avvenuti col consenso, la collaborazione, i consigli e , ci tengo a dirlo, gli incoraggiamenti di pre Toni.

Voglio precisare questo perchè mi rendo conto che probabilmente questa operazione può aver suscitato una certa sorpresa se non addirittura qualche perplessità, visto che nonostante i miei oltre quarant'anni di permanenza in Friuli sono a tutti gli effetti considerato giustamente un veneto, né va trascurata la mia laicità di pensiero, che del resto pre Toni non mi ha mai fatto pesare, e inoltre non si può dimenticare che è la prima volta che si traduce in italiano un libro di Bellina.

Rispetto alla mia capacità di destreggiarmi col friulano ( ho scoperto comunque che anche molti friulani stentano a leggere nella loro lingua) voglio dire che il friulano ho imparato a conoscerlo dai miei familiari in casa e dai tanti friulani che ho frequentato. Mi ritrovo a usare in modo del tutto naturale quel saluto mandi -uno dei più belli che esistano, comunque si voglia interpretare: stai bene a lungo o rimani con Dio.

Ed ho conosciuto e letto anche il friulano letterario: l'ho apprezzato nei versi dei miei amici Maria Fanin e Galliano Zof, nell'opera fondamentale “ I Turcs tal Friul” di Pasolini, nella raccolta di poesie “Libers di scugnì là” di Leonardo Zanier, nei poemi grandiosi di Domenico Zanier:

tutti testi in grado di far riflettere, di arricchire, di scavare nell'anima, ma anche capaci di emozionarmi e commuovermi, come il canto religioso “ Suspir da l'anime” di Oreste Rosso diventato il canto di saluto ai morti nella comunità di San Giorgio e non solo.

E quindi quando ho letto per la prima volta “ De profundis” e ne sono stato letteralmente colpito e affascinato, mi sono sentito in grado di tentare questa avventura. Ero certo che anche in italiano avrebbe avuto grande dignità e forza e avrebbe permesso di allargare e crescere il numero dei lettori. Mi aveva incoraggiato anche un passaggio della breve presentazione al libro di don Romano Michelotti:

Al è un libri che al pues jentrà a plen dirit te leterature sapienzial dal mont, fat par furlan ma no dome pai furlans.

Ora non v'è dubbio che la possibilità di lettura anche dei non friulani passa attraverso la versione in italiano. La traduzione è quasi sempre strettamente letterale per cercare di non perdere la freschezza, l'immediatezza, la passionalità del friulano di Bellina.

Devo ammettere che non sono mancate le difficoltà superate anche col suo aiuto...

Ma non ho mai avuto ripensamenti, convinto man mano che procedevo che la versione italiana manteneva tutta la forza , la musicalità, il ritmo del testo originale. Il mio intendimento è stato comunque quello di dare risonanza a un libro di straordinario valore di scrittura e di contenuti. La speranza e l'augurio è che ci siano molti nuovi lettori, ma anche che molti friulani saranno stimolati e invogliati ad andare a leggersi il “ De profundis “ in friulano che forse anche per merito del mio lavoro è stato recentemente ristampato.

In effetti il riscontro in questi mesi è stato buono e c'è stata anche la soddisfazione di un'ampia e favorevole recensione di Luciano Morandini sul settimanale “ Il Nuovo Friuli”. In cui il poeta scrittore parla di ” testimonianza di una fede che è una fiamma che brucia ininterrottamente, ma senza mai negarsi all'umanità e alla comprensione”.

Il “ De profundis”, il cui titolo nasce dalla personale ammirazione di Bellina per l'opera omonima di Oscar Wilde, è stato scritto nel 2003 in pochi mesi, di getto, praticamente sul campo di battaglia, sotto l'impulso della nuova grave malattia che aveva colpito don Bellina, che evidentemente si sentì di dover dare sfogo alle sue emozioni, per trovare la forza di superare la crisi che lo stava attanagliando al pensiero della catena a cui stava per essere legato per tutta la vita, quella poca che gli sarebbe rimasta, potremo aggiungere adesso.

Il racconto è incalzante, a volte drammatico, intenso e coinvolgente scritto nel caratteristico stile fatto di ironia di dirompente forza polemica ma sempre ispirato, ricco di approfondimenti psicologici e religiosi, di riflessioni sulla vita di ogni giorno, sull'attualità, sulla importanza fondamentale dei rapporti umani, dell'ascolto e dell'accettazione dell'altro.

In tutto il libro aleggia quello che era un po' il tormento di sempre, il dubbio ultimo di don Bellina: come conciliare la bontà di Dio con la sofferenza e la morte. Del resto tutti i suoi scritti comunicano una fede profonda ma allo stesso tempo inquieta che assume dubbi e interrogativi che si dissolvono tuttavia nella confidenza e nell' affidamento del Signore....

E' il tema che pre Toni ha trattato anche nel suo ultimo scritto su “La Vita Cattolica” che si concludeva così:” Se la sofferenza è vista e vissuta secondo la cruda razionalità è uno scandalo, è una assurdità, se invece si va più avanti e si guarda secondo la rivelazione delle scritture, allora diventa la strada privilegiata e sicura per entrare nella gloria”.

Ne aveva parlato anche in occasione della morte della madre qualche anno fa sempre nella rubrica “Cirint lis olmis di Diu”.. un pezzo che mi aveva particolarmente colpito..

Così scriveva allora...Chi non è stato splendido con lei è stato il Signore che doveva risparmiarle quel calvario infinito doloroso disumano incomprensibile . Lo dico da prete ma soprattutto da figlio Non mi sento di dire che è stato buono con lei e neanche giusto .O dis che no lu capis e mi patafi le bocje come Jop...

Ci tengo in modo particolare a sottolineare che le pagine finali di questa versione del “De profundis sono praticamente le ultime parole le ultime riflessioni scritte da don Bellina che gli avevo sollecitato come appendice , come commiato : sono scritte in italiano e datano pasqua 2007..

Oggi a me piace immaginarmelo come l'ha pensato Tito Maniacco in un suo articolo sul Gazzettino: col bastone e la conchiglia in viaggio per una Santiago di Compostela dell'eternità...

con a fianco Colui in cui hai sempre creduto e del quale ha fatto testimonianza per tutta la vita, e al quale -ne sono convinto- avrà cominciato a chiedere spiegazione sui tanti misteri e storture della vita umana e della storia del mondo....

Vorrei terminare il mio intervento leggendovi la parte finale del testamento trovato inciso in un dischetto datato addirittura 1992 probabilmente scritto in un momento difficile..

ma che ci fa capire ancora..una volta la grande sensibilità, umanità e amore per la sua fede e per la sua gente...

il testo ha come titolo “ Cumiat” e sottotitolo “par quant che rivarà le me ore e no podarai dì nuje”

Fradis e amis... è arrivato proprio il momento di lasciarci. Con la speranza di tornare a trovarci. Allungo la mano verso il Signore che mi ha creato e salvato, verso la Madonna che mi ha fatto da madre, verso i nostri santi e morti che hanno fatto il grande passaggio prima di noi e che ci stanno aspettando. La notte è fonda, la paura è grande. Spero che sia grande anche la sorpresa. Mi sto avviando accompagnato da tanta gente, da tanti protettori e amici. Ma anche voi , fratelli, statemi vicino. Fatemi luce con la vostra fede; datemi forza con la vostra speranza; scaldatemi col vostro perdono col vostro affetto. Fatemi la carità di una preghiera: che possa arrivare e arrivare bene. E io vi ricambierò quando arriverà la vostra ora. Guarda, arriva la barca. Pregate. Mandi. (pre Toni pecjador)

Gianni Bellinetti

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