domenica 4 maggio 2008

DA BELLLINA A BALDUCCI - VIVERE LA MEMORIA

Proprio a partire dalla Bibbia pre Toni ha letto la vita e la storia, il potere e il denaro, il consumismo e il conformismo, le armi e la guerra, la Chiesa dalla parte degli umili, dei poveri, dei sofferenti, degli scartati dalla logica di questo mondo, cogliendo in loro, insieme al dolore e alle fatiche la fede e la sapienza del cuore che emergono dal basso. La malattia e il dolore fisico, sperimentati per lunghi anni, in modo particolare nell’ultimo periodo della vita, e la solitudine e l’amarezza per l’incomprensione vissuti nella società e nella Chiesa hanno contribuito via via alla sua essenzialità, all’entrata nel “segreto delle cose” , nella profondità dell’anima proprio nel rapporto fra fede e storia, Vangelo e vita, uomo e Dio, vita presente e ulteriorità della stessa nel mistero di Dio. E’ da questa essenzialità che è venuta la sua critica agli aspetti della società , delle istituzioni, della politica, della Chiesa lontani dalla storia delle persone, dalle loro sofferenze, dalle loro attese e speranze. Un uomo e un prete libero, per questo ancor oggi “temuto” se, ad esempio, si continua a censurare il suo libro “ La fabriche dai predis” in una logica che nasconde invece di favorire occasioni di analisi, di confronto, di dialogo, dimenticando che il Vangelo stesso ci esorta a cercare con coraggio la verità, perchè “solo la verità ci rende liberi”. Il giorno prima di morire, pre Toni nella celebrazione serale dell’Eucarestia nella riflessione sul Vangelo aveva comunicato l’ideale e l’esperienza di una Chiesa profetica libera, fedele, coerente, svincolata dal potere del denaro e del militarismo; una Chiesa del Vangelo, ricca di fede e di umanità, a partire da quella che vive in Friuli, per contribuire a comunità più libere a autentiche. Pre Toni mi diceva che io guardo troppo al mondo e meno al Friuli; gli rispondevo che la sua attenzione particolare al Friuli e la mia al mondo potevano contribuire a quella visione che lega ormai inscindibilmente le nostre comunità locali a quelle di tutto il Pianeta. Qualche anno fa ne avevamo riflettuto insieme nel pomeriggio di una domenica a Venzone. Per me la memoria di pre Toni è viva e significativa; lo sento compagno di fede nel cammino quotidiano. Il 25 aprile di 16 anni fa, nel 1992, a seguito di un incidente stradale morì padre Ernesto Balducci al quale nel settembre successivo abbiamo dedicato il Centro di accoglienza di persone immigrate e di promozione culturale di Zugliano, non in modo formale, bensì per riprenderne via via riflessioni, elaborazioni, intuizioni. Figlio di una famiglia di minatori di S. Fiora, alle pendici del Monte Amiata, dove ora è sepolto, è stata una delle figure profetiche dell’Italia in particolare da quando nel 1963 è stato condannato dal Tribunale di Firenze per aver difeso la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Uomo e prete di profonda intelligenza ha vissuto il passaggio dalla sacralità alla laicità, dalla fede ideologica alla Parola profetica annunciata e vissuta nella celebrazione dell’Eucarestia e come vincolo di fedeltà e coerenza nell’impegno nella storia per contribuire ad un’umanità di giustizia e di pace. Studioso, infaticabile scrittore e comunicatore in tutti i luoghi d’Italia, padre Ernesto continua ad insegnarci che il vero Dio pur intuito, creduto, pregato è ancora nascosto e mai può essere identificato con i nostri concetti su di lui; né con le nostre liturgie. Ragionevolmente fiducioso nelle possibilità di bene dell’essere umano, si è continuamente impegnato per diffondere una cultura della pace, opponendosi in nome della ragione all’irrazionalità delle armi e delle guerre. Continuamente attento alle condizioni di impoverimento di gran parte dell’umanità e alle responsabilità del nostro mondo per questa situazione, specialmente negli ultimi anni, ha approfondito la riflessione sul rapporto con la diversità dell’altro. Sulla pietra della tomba è riportata una sua frase pregnante di significati profetici, spirituali e storici: “ Gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno”, nella duplice accezione: non ci saranno più perchè distruggeranno la loro vita e quella degli altri esseri viventi; non ci saranno più perchè non saranno degni di essere considerati umani perchè avranno tralasciato il compito di costruire la pace. Nel cimitero di S. Fiora la sua tomba è collocata accanto a quella di 23 suoi coetanei, amici, alcuni compagni di banco fucilati dai nazisti nel 1944. Padre Ernesto attivando la memoria viva del loro martirio si chiedeva cosa facciamo noi, oggi, per non tradirla. Vivere la memoria del 25 aprile oggi significa impegnarci in una liberazione che continua: dall’ingiustizia, dalla fame, dalle armi, dalle guerre, dalle diverse forme di terrorismo, dalla illegalità e dalla corruzione, dal razzismo di diversa specie, dalla distruzione dell’ambiente, dal materialismo. Mi pare che possiamo rapportare in modo molto profondo e significativo la memoria di pre Toni Bellina, di padre Ernesto Balducci e di tutte le donne e gli uomini andati incontro alla morte (sarebbe sempre importante leggere nelle scuole le lettere di condannati a morte della Resistenza italiana ed europea) per un Paese in cui libertà, giustizia, legalità, democrazia siano praticati: e questo legame è la fedeltà al vero, il fastidio morale per ogni forma di disumanità, la coerenza, il coraggio, la dedizione e l’impegno per il bene comune.
Pierluigi Di Piazza

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