sabato 31 maggio 2008

PRE TONI BELLINA: PROFETA E PASTORE

Vangelo di Giovanni 10, 27-30

Attualmente, constatiamo la diffusa disumanità provocata da ingiustizia, violenza, guerre, discriminazione e rifiuto dell’altro; verifichiamo l’impoverimento e le sofferenze anche nel nostro mondo privilegiato; ci accorgiamo ormai della violenza sull’ambiente vitale e così comprendiamo maggiormente che la conoscenza dell’essere umano, della sua attività, della sua produzione non può essere solo quella della razionalità, ma insieme e in modo profondo e coinvolgente quella del pathos, del sentire profondo, del vibrare, del partecipare con attenzione, premura e cura. La Bibbia e i Vangeli in particolare, con la sensibilità, le parole e i gesti di Gesù ci insegnano che “conoscere è amare”. Una delle parabole, riportata in parte dal Vangelo di questa domenica ( Giovanni 10, 27-30) è quella del rapporto tra il pastore e il suo gregge. Lui, che è il pastore buono, conosce le sue pecore, le chiama per nome una ad una; esse riconoscono la sua voce e lo seguono dove lui le conduce; lui si preoccupa di quelle più deboli, ferite, disperse. Proprio per il rapporto di conoscenza e di coinvolgimento con loro è disposto a dar la vita per salvarle e farle vivere, a differenza del mercenario a cui interessa solo il guadagno e la sua sicurezza e quindi scappa di fronte al pericolo. Mi viene dal profondo del cuore, con uno slancio immediato, accostare questa immagine all’uomo e al prete pre Toni Bellina che ha compiuto il suo cammino su questa terra nella notte di domenica scorsa e che è stato salutato nella celebrazione dell’Eucarestia di mercoledì 25 aprile da una grande folla partecipe e profondamente commossa. Ho sostato a lungo in riflessione e preghiera nella chiesa di Basagliapenta fino a tardi nella sera precedente. Pre Toni è un uomo e un prete di profonda sensibilità e umanità; un credente inquieto e in ricerca con la fede dell’affidamento; traduttore della Bibbia in lingua friulana, scrittore straordinario per profondità, brillantezza nell’espressione in tutte le sue sfumature, illuminazioni profetiche; tenacemente radicato nel popolo e nella Chiesa del Friuli, loro difensore e propugnatore. Un intellettuale con accenti profetici e un pastore. Ha letto le vicende umane con la sensibilità biblica, evangelica in particolare: dalla parte dei deboli, dei colpiti, dei poveri, dei sofferenti. Ha ubbidito alla voce dello Spirito, alla profezia del Vangelo, alla storia delle persone: per questo è stato critico, sferzante, libero di fronte alle imposizioni, alle formalità ipocrite, alla sottomissione, al conformismo, all’omologazione delle coscienze nella Chiesa e nella società.
Ha guidato le persone come pastore alla comprensione della Parola del Vangelo che si fa carne nelle vicende umane e nella storia, ha condotto nei “nei pascoli erbosi e nelle acque limpide” della verità, dell’essenzialità, della sapienza del cuore; è stato guida nel cammino di liberazione dal capitalismo, dal materialismo, dal militarismo, dalla religione formale, da una Chiesa clericale e di apparato, per la partecipazione alla comunità di fede viva di persone con i loro nomi, i loro volti, le loro storie.
Durante il tempo dell’esposizione del suo corpo nella chiesa di Basagliapenta ho percepito nei suoi confronti l’affetto concreto, tangibile con la carezza al suo volto e alle sue mani di tanta gente in lacrime, espressione di quella conoscenza che riguarda le relazioni profonde; così tra gli interventi nell’Eucarestia di saluto di amici preti, della comunità di Basagliapenta, di altri ancora, quello del rappresentante di Valle, Rivalpo e Trelli, che ha pronunciato il nome e le caratteristiche di tante persone di quei piccoli paesi: “il buon pastore conosce le sue pecore e le chiama per nome”. In chiesa è stato portato, come altre volte, il canarino di pre Toni che si è fatto ben sentire, prima della celebrazione; un segno che, accostato ai suoi cagnolini, alle sue lunghe passeggiate a piedi in contemplazione e riflessione, esprime la relazione di pre Toni con tutti gli esseri viventi, con l’intero creato. Pre Toni Bellina: profeta e pastore. (Pierluigi Di Piazza)

lunedì 19 maggio 2008

CONTINUAZIONE

Cumò, in chest mês di Mai, la Universitât di Udin lu onorarà
cuntun ricognossiment uficiâl. Al è, par lui e par nô siei
amîs, un grant moment che mi pon però cualchi domande.
Prime di dut, ce facoltâts aial frecuentadis pre Antoni: no
dal sigûr chês di Udin ni chês di Triest. In gambi al à vût
grancj mestris: i sfurtunâts dai nestris paîs, la malatie e il
dolôr, il Vanzeli, l’amôr al studi e a la culture.
Ancjemò: chest ricognossiment vegnial di une universitât
che e je cussience e vôs dal popul furlan, o isal dome une
laude erudide a une persone? Nol è motîf di onorâ pre
Antoni se no si lavore par salvâ il nestri popul. Nol è motîf
di lâ a Udin par lagrimâ sore di un muart. Chescj pinsîrs
mi balinavin tal cûr e par sancirâmi o soi lât a cjatâ il
prof. Roberto Dapit che al insegne te facoltât di Siencis de
formazion e o ai diti: “Cheste Universitât ae une relazion
sane cul Friûl o no?”.
Lui, tes rispuestis, al è stât positîf.
“La Universitât dal Friûl, par chel che nus rivuarde, e à
dôs facoltâts: Lenghis e leteraturis forestis e Siencis de
formazion.
Dai agns 80 a vuê l’aiar al è gambiât in miôr; si pues
cjacarâ par furlan ancje tra coleghis e la lenghe e à un
rispiet e une dignitât che timps indaûr no veve.
Par chel che al rivuarde la didatiche, i cors di inzornament,
la formazion linguistiche e i master lis iniziativis a son
tantis. Cumò si començaran progjets di avanguardie
articolâts in ciclis ben definîts par formâ specialiscj di
lenghe furlane.
Al è stât dât dongje un Centri interdipartimentâl di ricercje
su la culture e la lenghe dal Friûl (CIRF). La partecipazion
dai students ai cors e je buine e i risultâts ancje”.
Chestis informazions nus fasin ben sperâ; però, al zonte il
prof. Dapit, il lavôr al è ancjemò tant e chei che si dan di
fâ masse pôcs. Dacuardi! Ma no podarìn nancje simpri vaî.
Par chest, o jentrarìn cun fiducie inte “Universitât dal Friûl”
che e onore pre Antoni, sperant che e onori ancje se stesse
deventant simpri di plui furlane e gjoldint dai studis dal
mont globalizât. (Pre Tonin Cjapelâr, Patrie dal Friûl, mai 2008)

domenica 4 maggio 2008

DA BELLLINA A BALDUCCI - VIVERE LA MEMORIA

Proprio a partire dalla Bibbia pre Toni ha letto la vita e la storia, il potere e il denaro, il consumismo e il conformismo, le armi e la guerra, la Chiesa dalla parte degli umili, dei poveri, dei sofferenti, degli scartati dalla logica di questo mondo, cogliendo in loro, insieme al dolore e alle fatiche la fede e la sapienza del cuore che emergono dal basso. La malattia e il dolore fisico, sperimentati per lunghi anni, in modo particolare nell’ultimo periodo della vita, e la solitudine e l’amarezza per l’incomprensione vissuti nella società e nella Chiesa hanno contribuito via via alla sua essenzialità, all’entrata nel “segreto delle cose” , nella profondità dell’anima proprio nel rapporto fra fede e storia, Vangelo e vita, uomo e Dio, vita presente e ulteriorità della stessa nel mistero di Dio. E’ da questa essenzialità che è venuta la sua critica agli aspetti della società , delle istituzioni, della politica, della Chiesa lontani dalla storia delle persone, dalle loro sofferenze, dalle loro attese e speranze. Un uomo e un prete libero, per questo ancor oggi “temuto” se, ad esempio, si continua a censurare il suo libro “ La fabriche dai predis” in una logica che nasconde invece di favorire occasioni di analisi, di confronto, di dialogo, dimenticando che il Vangelo stesso ci esorta a cercare con coraggio la verità, perchè “solo la verità ci rende liberi”. Il giorno prima di morire, pre Toni nella celebrazione serale dell’Eucarestia nella riflessione sul Vangelo aveva comunicato l’ideale e l’esperienza di una Chiesa profetica libera, fedele, coerente, svincolata dal potere del denaro e del militarismo; una Chiesa del Vangelo, ricca di fede e di umanità, a partire da quella che vive in Friuli, per contribuire a comunità più libere a autentiche. Pre Toni mi diceva che io guardo troppo al mondo e meno al Friuli; gli rispondevo che la sua attenzione particolare al Friuli e la mia al mondo potevano contribuire a quella visione che lega ormai inscindibilmente le nostre comunità locali a quelle di tutto il Pianeta. Qualche anno fa ne avevamo riflettuto insieme nel pomeriggio di una domenica a Venzone. Per me la memoria di pre Toni è viva e significativa; lo sento compagno di fede nel cammino quotidiano. Il 25 aprile di 16 anni fa, nel 1992, a seguito di un incidente stradale morì padre Ernesto Balducci al quale nel settembre successivo abbiamo dedicato il Centro di accoglienza di persone immigrate e di promozione culturale di Zugliano, non in modo formale, bensì per riprenderne via via riflessioni, elaborazioni, intuizioni. Figlio di una famiglia di minatori di S. Fiora, alle pendici del Monte Amiata, dove ora è sepolto, è stata una delle figure profetiche dell’Italia in particolare da quando nel 1963 è stato condannato dal Tribunale di Firenze per aver difeso la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Uomo e prete di profonda intelligenza ha vissuto il passaggio dalla sacralità alla laicità, dalla fede ideologica alla Parola profetica annunciata e vissuta nella celebrazione dell’Eucarestia e come vincolo di fedeltà e coerenza nell’impegno nella storia per contribuire ad un’umanità di giustizia e di pace. Studioso, infaticabile scrittore e comunicatore in tutti i luoghi d’Italia, padre Ernesto continua ad insegnarci che il vero Dio pur intuito, creduto, pregato è ancora nascosto e mai può essere identificato con i nostri concetti su di lui; né con le nostre liturgie. Ragionevolmente fiducioso nelle possibilità di bene dell’essere umano, si è continuamente impegnato per diffondere una cultura della pace, opponendosi in nome della ragione all’irrazionalità delle armi e delle guerre. Continuamente attento alle condizioni di impoverimento di gran parte dell’umanità e alle responsabilità del nostro mondo per questa situazione, specialmente negli ultimi anni, ha approfondito la riflessione sul rapporto con la diversità dell’altro. Sulla pietra della tomba è riportata una sua frase pregnante di significati profetici, spirituali e storici: “ Gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno”, nella duplice accezione: non ci saranno più perchè distruggeranno la loro vita e quella degli altri esseri viventi; non ci saranno più perchè non saranno degni di essere considerati umani perchè avranno tralasciato il compito di costruire la pace. Nel cimitero di S. Fiora la sua tomba è collocata accanto a quella di 23 suoi coetanei, amici, alcuni compagni di banco fucilati dai nazisti nel 1944. Padre Ernesto attivando la memoria viva del loro martirio si chiedeva cosa facciamo noi, oggi, per non tradirla. Vivere la memoria del 25 aprile oggi significa impegnarci in una liberazione che continua: dall’ingiustizia, dalla fame, dalle armi, dalle guerre, dalle diverse forme di terrorismo, dalla illegalità e dalla corruzione, dal razzismo di diversa specie, dalla distruzione dell’ambiente, dal materialismo. Mi pare che possiamo rapportare in modo molto profondo e significativo la memoria di pre Toni Bellina, di padre Ernesto Balducci e di tutte le donne e gli uomini andati incontro alla morte (sarebbe sempre importante leggere nelle scuole le lettere di condannati a morte della Resistenza italiana ed europea) per un Paese in cui libertà, giustizia, legalità, democrazia siano praticati: e questo legame è la fedeltà al vero, il fastidio morale per ogni forma di disumanità, la coerenza, il coraggio, la dedizione e l’impegno per il bene comune.
Pierluigi Di Piazza